domenica 3 agosto 2008

BUONE VACANZE!

Ringrazio tutti i miei lettori per la pazienza dimostrata nell'aspettare questo undicesimo capitolo, CHE alla fine è arrivato. Come preannunciato, ora ci sarà una sospensione di un mese perché, come spero tutti voi, vado in vacanza. Continuerò a scrivere anche sotto l'ombrellone, in modo da portarmi avanti con il lavoro e, magari, abbreviare i tempi di pubblicazione. Prima di salutarvi volevo segnalare il fatto che, un lettore molto attento, mi ha fatto notare che ho commesso alcuni errori sui tempi del discorso negli intramezzi nonno-nipote. Lo ringrazio pubblicamente e mi scuso dell'inconveniente. Sto lentamente correggendo tali errori in ogni capitolo per offrirvi un prodotto sempre più di qualità. Non indugio oltre e auguro a tutti BUONE VACANZE!

11 - IL DIO DELLA GUERRA

Il rito funebre di Hidai Kanoshi, ora Hattori, fu celebrato alcuni giorni dopo la sua morte, per dare il tempo ai familiare di allestire il tumulo che sarebbe stato la sua dimora ultima. In verità, la tomba era già costruita ma doveva essere personalizzata con gli oggetti e le raffigurazioni della vita del morto, un po’ come facevano gli egiziani. Il tumulo consisteva in una piccola stanza sotterranea, solitamente dotata di anticamera, che veniva poi celata sotto una bassa collinetta di terra. Era una sepoltura di gran prestigio e più il tumulo era grande, più la persona che vi era sepolta era importante. Quello di Kanoshi era degno di un principe. Furono portate dentro le sue armi, i suoi oggetti personali, i ricordi e i doni che i familiari gli lasciarono perché la sua anima si ricordasse di loro, il tutto protetto da minacciose statue di pietra raffiguranti guerrieri “haniwa”, leggendari soldati di pietra che si diceva prendessero vita se qualcuno osava profanare la tomba.
Furono giorni tristi per tutta la famiglia Hattori, specie per chi, come me, era stato allievo del grande jonin di Ninjutsu.
-Musai, posso parlarti?- chiesi una sera al fratello del mio amico, il nuovo capofamiglia. –So che il lutto non è ancora terminato ma…-
-Non preoccuparti, Khalàd. Devo scuotermi dal dolore prima degli altri perché sono io adesso che devo guidare la famiglia. So cosa vuoi chiedermi ma non credo di poterti aiutare molto.-
-Wu Dan, Kinn-, dissi dopo essermi seduto al basso tavolino assieme a Musai. Una ragazza portò da bere
per entrambi. –Sembra un luogo, nell’impero dei Kinn.-
-E lo è. Si tratta di una piccola catena montuosa nel cuore della terra dei Kinn, dove vivono eremiti guerrieri dediti ad arcane arti di combattimento e divinazione.-
-Ci siete stati? Tu e Kanoshi, intendo.-
-Kanoshi viaggiava molto e si è spesso trovato a passare di li. So che aveva un amico, un anziano maestro di queste arti con cui mio fratello si confrontava per migliorare la propria tecnica. Si chiama Long Dao, ma non so dirti altro-, concluse il ninja scuotendo la testa.
-E’ già molto amico mio. Mi hai dato una direzione e un nome. Non mi serve altro. Solo non capisco perché Kanoshi abbia voluto indirizzarmi li-, mi chiesi perplesso.
-Questo credo di saperlo-, affermò Musai. –Mentre ti guardavamo allenarti, nel dojo, Kanoshi continuava a dire che avevi potenzialità immense ma che il Ninjutsu non ti avrebbe aiutato ad esprimerle appieno.-
-Me ne parlava spesso-, ammisi. –Sebbene abbia imparato alla perfezione le vostre arti di combattimento senz’armi, è con la spada che posso raggiungere il massimo del mio potenziale, ma ancora non riesco a essere un tutt’uno con lei, e non si tratta soltanto del fatto che non sono stato io a forgiarla.-
-No, infatti. Le tecniche di spada dei ninja si adattano poco alla tua arma e anche se puoi usarne alcune, queste non ti daranno mai la completezza che cerchi.-
-Andrò a Wu Dan e scoprirò cosa c’è li che mi può aiutare-, affermai sicuro.

-Non ho mai sentito parlare di quei luoghi, nonno-, esclama Cristina. –Eppure il mio sensei parla spesso delle arti marziali cinesi come metro di paragone per il Karate.-
-Non mi stupisce. Il Karate è più affine alla scuola degli Shaolin, monaci guerrieri che codificarono un formidabile stile di lotta osservando i movimenti degli animali più combattivi.-
-Infatti, ma di Wu Dan…-
-Wu Dan era un centro di studio delle pratiche del Taoismo, la filosofia dell’equilibrio, e le arti che venivano praticate in quel luogo seguivano questa corrente di pensiero.-
-E cosa mai potevi imparare laggiù?-
-Ad evolvere la mia tecnica e iniziare a diventare un tutt’uno con la mia spada.-

-L’impero dei Kinn in questo momento non è il luogo più tranquillo del mondo, Khalàd-, affermò Musai mentre versava per entrambi un liquore denso, dolce e molto forte. –La dinastia imperiale degli Han è caduta e i signori della guerra che la sostenevano… o che l’hanno fatta cadere, si danno battaglia per prendere il potere. Il centro degli scontri è proprio la regione in cui si trovano i monti Wu Dan.-
-La fortuna mi sorride-, commentai sarcastico. –Non ho scelta. Devo andarci. Finché non trovo la chiave per migliorare la mia tecnica, non posso affrontare lo sfregiato.-
-Sei sicuro di volerlo fare, amico?-
-Affrontarci è nel nostro destino, tuttavia ora ho anche un motivo in più per farlo-, spiegai al ninja. –Qui ho imparato molto sull’onore. Non quello dei samurai o dei ninja, ma quello che un uomo deve difendere quando da la sua parola. Ho dato la mia parola d’onore a Kanoshi che avrei portato a termine la missione affidatagli e lo farò. Dovesse costarmi la vita, l’assassino di tuo fratello, e di molti altri, morirà.-
-Pregherò gli Dei perché ti assistano nella tua impresa, amico. Quando intendi lasciarci?-
-Molto presto-, affermai con un sospiro perché ero dispiaciuto di abbandonare la terra del Sole Nascente e i suoi abitanti, in particolare gli Hattori. –Appena terminato il periodo di lutto inizierò i preparativi.-
-Manderò uno dei nostri al porto, a riservarti un posto su una nave in partenza per l’impero dei Kinn. Non tutti i capitani sono affidabili e, anche se sai difenderti, potrebbero sempre decidere di cambiare itinerario durante la traversata.-
-Non so come ringraziarti, Musai-, gli dissi grato, inchinandomi in avanti in segno di rispetto.

-Quando lasciasti il Giappone?- mi domanda mia nipote.
-Circa un mese dopo. Era il 223 d.c. e la dinastia Han era caduta da appena tre anni.-
-Ho studiato qualcosa su quel periodo. Mi pare fosse chiamato dei “Tre Regni”.-
-Non sbagli, ma i libri di testo sono piuttosto vaghi sugli avvenimenti di quel tempo, come in molti altri casi. Il documento più attendibile è la traduzione di un classico cinese dell’epoca ma la collocazione temporale, come è stato per la guerra di Troia, è sbagliata.-
-Non credo di molto visto che siamo nel primo Medioevo e le testimonianze scritte iniziano ad abbondare-, mi fa notare lei.
-No, hai ragione, non di molto. I Tre Regni vengono collocati tra la caduta dalla dinastia Han e la presa del potere di quella dei Wei. Da alcune fonti, la fondazione di quest’ultima viene indicata nello stesso anno della caduta della precedente, il 220 d.c. E’ chiaro che la datazione non è precisa. Diciamo che le guerre dei Tre Regni hanno interessato circa una ventina d’anni dopo la caduta degli Han.-

La terra dei Kinn, il Celeste Impero. Un dominio tanto vasto da competere con Roma in quanto a grandezza. Un cultura ricca di arte, pensiero e guerra. Un popolo fiero e combattivo che aveva tratto dalla natura circostante gli insegnamenti sul combattimento, rendendoli una delle razze più aggressive e forti.
Dopo mille cerimonie salutai gli Hattori e mi imbarcai per la terra dei Kinn. Il vascello che Musai mi aveva indicato era governato da un gruppo di uomini piuttosto silenziosi e, quando feci il nome del nuovo jonin degli Hattori, il capitano della nave mi fece solo cenno di salire. Osservando le movenze feline di quegli uomini e la silenziosità con cui camminavano, mi fu facile capire che dovevano essere tutti dei ninja. Nonostante le rassicurazioni del mio amico non riuscivo a fidarmi di loro, quindi dormii con un occhio aperto durante i giorni della traversata. Andò tutto bene e approdammo su una spiaggia sabbiosa poco lontano da un villaggio di pescatori. Il capitano, un uomo di mezza età tutto vestito di nero, mi diede le indicazioni per non perdermi e per raggiungere la regione dei monti Wu Dan. Mi si preannunciavano quasi tre settimane di cammino in un paese di cui non sapevo nulla e, soprattutto, dove nessuno parlava qualcuna delle lingue che io conoscevo.
Addentratomi nell’entroterra e seguendo i sentieri principali, capitò che passassi accanto ad abitati di grandi e piccole dimensioni. I Kinn assomigliavano molto agli abitanti del Sole Nascente, tuttavia notai ben presto alcuni particolari del viso e degli atteggiamenti che li differenziavano dai loro lontani parenti. Vestivano in modo più semplice e anche le dimore apparivano più fredde, quasi austere. Da ogni parte che mi voltassi, vedevo gente in armi, segno che la guerra era in pieno svolgimento. In uno di questi abitati cercai di comprare del cibo da un uomo che vendeva un po’ di tutto. Appena vide il mio aspetto, vestito con abiti del Sole Nascente ma sicuramente non orientale, mi sorprese parlandomi in una derivazione del persiano-babilonese, la lingua che più si era diffusa nell’area mediorientale, trasportata dalle conquiste di Alessandro Magno e di Serse. Fortunatamente la parlavo anch’io.
-Sicuramente tu fuori da tua terra-, mi disse per rompere il ghiaccio.
-Sono molto lontano, è vero. Sono stato ospite nel Sole Nascente per qualche anno ma ora sto tornando a casa.-
-E cosa porta te in questi luoghi? Vie più sicure lungo mare.-
-Devo andare ai monti Wu Dan. Cerco un uomo di nome Long Dao-, dissi mentre l’uomo, magro e dal viso scarno, avvolgeva il cibo che gli avevo chiesto, del pane e un po’ di cereali, in una striscia di tela sottile.
-Maestro Long Dao?! Indovino guerriero?!-
-Un amico del Sole Nascente mi ha detto di andare da lui.-
-Buona fortuna allora. Monti Wu Dan chiusi in guerra. Impossibile arrivare.-
-Non per me…-, asserii sicuro, poi mi venne in mente una cosa. –C’è un posto dove posso alloggiare in questo villaggio?-
-Se paghi, in mia casa. Io solo e molto spazio-, rispose il venditore.
-Allora sentimi. Per andare avanti nel mio viaggio ho bisogno di imparare un po’ della tua lingua e tu sei l’unico che mi capisca. Resterò qui finché non riuscirò a cavarmela da solo. Ti aiuterò anche nel negozio, se vorrai.-
Il venditore ci pensò su, poi, sorridendo alquanto stupidamente, annuì con la testa.

-Quanto ti ci volle per imparare il cinese?-
-Pochi giorni, per fortuna, grazie anche alla mia capacità di apprendimento-, affermo con una smorfia.
-Per fortuna?- ripete Cristina.
-La convivenza con Pao Chin, così si chiamava, non era delle più facili. Era l’uomo più simile al maiale che avessi mai visto. Ingurgitava di tutto e viveva nel degrado, nonostante fosse ricco sfondato. Ringraziai tutti gli Dei del cielo quando me ne andai.-

Pao Chin mi aveva indicato come arrivare a Wu Dan. In verità mi aveva dato una direzione e detto di seguirla sempre. La regione dove si trovava la catena montuosa era situata proprio nel cuore dell’impero, ora dal trono vacante. Due ex dignitari della precedente dinastia si erano trasformati in signori della guerra e ora si davano battaglia per conquistare il potere. I loro nomi erano Liu Bei, al cui seguito si erano riuniti i leggendari cinque Generali della Tigre, e Cao Cao, ex primo ministro degli Han e ora a capo di una possente armata che guidava assieme ai generali Liu Bu e Dian Wei, formidabili maestri di arti marziali.
Incrociai spesso unità di quegli eserciti ma, grazie allo spirito del serpente e alle tecniche di mimetizzazione ninja, riuscivo sempre ad eluderle e a passare oltre. Questo continuo nascondermi rallentò parecchio il mio viaggio e solo dopo un mese giunsi in vista delle vette di Wu Dan.
Pao Chin mi aveva detto che Long Dao, l’indovino guerriero, viveva in una piccola casa in un boschetto alle pendici della montagna più alta. Non avevo ben chiaro cosa intendesse con la parola “indovino”. Nella mia lunga vita avevo conosciuto veggenti, divinatori, àuguri, ma mai un indovino. Attraversando quei luoghi immersi nella tranquillità sentivo attorno a me tutta l’energia della natura, tutta la sua potenza. Non faticavo a credere perché le arti marziali dell’oriente, e dei Kinn in particolare, si fossero sviluppate a così alti livelli. Le forze naturali all’opera li erano davvero grandiose.
Le vette dei monti Wu Dan si stagliavano nel cielo come tanti pilastri che reggevano il cielo. Pilastri di grigia roccia decorati da verde vegetazione dalle pendici alle vette. Solo il sibilo del vento e il verso rauco di qualche uccello rompevano la sovranità del silenzio di quel luogo. Le uniche stonature erano rappresentate da colonne di fumo nero che si levavano qua e la tutt’intorno, i segni delle battaglie in corso o ciò che ne restava. Trovandomi sulla sommità di una collina poco lontana non feci fatica a riconoscere la montagna più alta. Individuai anche la macchia d’alberi dalla quale un singolo filo di fumo si levava verso le nuvole che facevano da corona ai monti. La casa di Long Dao.

-Ma non hai detto che era un centro inportante della religione taoista?- mi domanda Cristina perplessa. –C’era solo lui a vivere li?-
-Non, non era il solo. Altri maestri del pensiero Tao vivevano da eremiti in quei luoghi. Long Dao era solo il più anziano e saggio. Alcuni secoli dopo si sarebbero uniti in una confraternita e, sotto la dinastia Tang, i taoisti costruirono sulle vette di Wu Dan il primo monastero.-

Giunsi alla casa del maestro taoista al calar del sole. La boscaglia lasciava il posto ad uno spiazzo erboso dove, addossata al fianco della montagna, era costruita in solida pietra una casa dall’aspetto simile ad un tempio. Il fumo usciva dal camino ma non vedevo nessuno in giro.
-Long Dao!- chiamai da fuori. –Sei in casa?- Nessuna risposta. –Long Dao!- ripetei avvicinandomi. Una lama mi si poggiò sul collo.
-Che cerchi, straniero? Non amo che la quiete di questi luoghi venga disturbata dai tuoi strilli-, disse una voce dal tono basso ma chiaro.
-Cerco Long Dao, l’indovino guerriero-, risposi cercando di valutare in fretta la situazione.
-Lo hai trovato. Ti saluto, ti auguro fortuna e prosperità. Ora vattene.-
Con una giravolta mi tolsi da quella situazione di pericolo e sguainai Uragano. –E a me non piace che mi si puntino le armi addosso quando non ho dimostrato la minima intenzione ostile!- dissi fieramente, ma subito rimasi molto sorpreso nel vedere l’aspetto del mio interlocutore. Era un uomo molto anziano, dai capelli completamente bianchi, come pure la lunga barba. Da come socchiudeva gli occhi immaginai fosse cieco o ci vedesse molto poco. Vestiva un abito giallo, decorato con strani simboli circolari bicolore, ed impugnava un grosso spadone ricurvo che, a dire il vero, mi sembrava un’arma adatta solo a spaccare legna, specie nelle mani di un anziano.
-Cosa sei venuto a fare?- mi chiese il vecchio mentre io mi rilassavo.
-Solo a parlare te l’ho detto. Mi ha mandato…-
Non feci a tempo a terminare la frase che l’anziano guerriero mi si avventò contro con una velocità impressionante. Scansai il suo micidiale colpo appena in tempo e conquistai una posizione sicura indietreggiando. Sembrava non facesse nessuno sforzo per maneggiare quello spadone, eppure ero convinto che non potesse reggere con la velocità di una spada più agile e bilanciata come la mia. Mi sbagliavo. Ancora una volta, Long Dao mi assalì in modo improvviso e con movimenti rapidi e circolari. Evitavo i suoi colpi a malapena e, quando Uragano impattava con lo spadone, veniva deviata in modo tale che mi ritrovassi completamente sbilanciato. Con un ultimo volteggio della sua grossa e pesante spada, il guerriero mi strappò di mano l’arma, lanciandola a molti passi da me, irraggiungibile. La punta della sua lama era puntata contro la mia gola.

-Ti ha battuto un vecchio cieco?!- esclama mia nipote trattenendosi dal ridere.
-Esatto. Mi fece capire che forza e tecnica non sono tutto per un guerriero. La mente governa ogni cosa.-
-E che vuol dire?-
-Ora lo saprai.-

-Mi hai sottovalutato. Ti muovi bene ma sei prevedibile e non hai coscienza delle tue grandi capacità-, sentenziò il taoista di Wu Dan.
-Se neppure mi conosci? Come fai a dirlo?- domandai accigliandomi. L’anziano abbassò la spada.
-Stamattina ho interpretato il mio oracolo. Mi ha avvertito che un grande guerriero sarebbe venuto a farmi visita. Un guerriero in cerca della sua identità.-
-Mi chiamo Khalàd e vengo dalle terre d’occidente. Un uomo morente mi ha detto di venire da te, il suo nome era Hidai Kanoshi.-
-Morente?- ripetè Long Dao aggrottando la fronte.
-Si.-
-Me ne addoloro. L’ho conosciuto poco ma era un uomo onorevole e di animo nobile. Vieni in casa. Parleremo meglio davanti ad un po’ di te.-
Recuperai la mia spada e seguii l’eremita all’interno della sua abitazione. L’interno dell’edificio aveva un aspetto un po’ più caldo dell’esterno, nonostante la grigia pietra fosse ovunque. La mobilia, di legno scuro, era essenziale ed arredava appena tre stanze.
Dopo avermi fatto accomodare, Long Dao servì da bere, un vino leggero ma molto saporito che mesceva da una grande anfora di coccio. Osservandolo più da vicino, ebbi la certezza che fosse cieco.
-Come fai a combattere in quel modo senza vederci?- domandai incuriosito accettando il vino.
-I miei occhi sono spenti, ma la mia mente vede ancora benissimo-, mi rispose enigmatico. –Affrontandoti, capisco perché Kanoshi ti ha mandato qui a Wu Dan. Cerchi l’unione con la tua spada.-
Gli raccontai di come incontrai Kanoshi, del tempo passato presso la sua dimora e di quanto mi avesse insegnato. Long Dao ascoltava in silenzio e si limitava ad annuire. Non vedendomi, era ininfluente trovare una scusa per la mia innaturale giovinezza, quindi mi limitai alla verità.
-Ora mangeremo qualcosa, poi consulterò il tuo oracolo. Ogni decisione sarà rimandata al termine della divinazione-, fu la sua decisione.
Mi offrii di aiutare il vecchio maestro a preparare la cena e questo sembrò essergli gradito. Mi stava valutando e cercai di fare bella figura. Dopo averlo visto lottare, capii subito che il suo aiuto mi era indispensabile. La cena fu semplice, a base di verdure e carne di pollo, e mentre mangiavamo continuai a raccontargli delle mi esperienze recenti, in particolare quelle legate al combattimento. Si fece attento quando gli parlai di come avevo imparato ad assorbire la luce solare e ad usarla per potenziarmi. Smise persino di mangiare quando gli rivelai la natura di Uragano.
-Quella è una Spada Celeste?!- mi domandò con aria sorpresa. –Un dono raro ed estremamente prezioso.-
-Ne sono consapevole, come lo sono del fatto che non ha ancora raggiunto il suo massimo potere.-
-Quello verrà con il tempo, se hai detto che devi riforgiarla. Quando arriverà il momento, saprai cosa fare a riguardo. Ora capisco perché hai bisogno del mio aiuto. Non c’è equilibrio tra la tua energia esterna, quella della luce, e l’energia interna che neppure sai di possedere, il tuo “Chi”.-
-Puoi insegnarmi ad ottenerlo? Ora più che mai sento che ho bisogno di te… Maestro Long Dao.-
-Finiamo di mangiare, poi procediamo con la divinazione.-

-Non riesco ancora a capire il modo in cui poteva aiutarti-, mi domanda Cristina.
-In verità in quel momento non lo capivo neppure io, ma sapevo che qualcosa in me non andava ed era una sensazione forte che mi attanagliava il cuore fin da quando ero giunto in oriente. Confrontandomi con i guerrieri di quelle terre, mi accorsi di quanto grezza fosse la mia arte di combattimento, nonostante tutte le mie abilità e conoscenze.-
-Cosa ti rivelò la divinazione?-
-Non molto ma mi fece riflettere profondamente su me stesso.-

Finita la cena liberammo il piccolo e basso tavolino sul quale avevamo pasteggiato e, al lume delle candele, Long Dao stese sul piano un foglio di pergamena con su disegnato un simbolo bicolore rotondo, simile a quelli che ornavano la sua veste. Nel simbolo, due forze ruotavano in perfetto equilibrio tra loro ed ognuna portava in se il seme dell’altra. Lungo il perimetro del cerchio erano disegnati altri segni, fatti di linee e punti riuniti a gruppi di tre.
-Questa è la tavola dell’oracolo dove il simbolo del Tao, la “Via”, rappresenta l’equilibrio dell’universo e gli otto trigrammi le potenze della natura che concorrono a questo equilibrio. Su di essa lancerò tre volte le sacre monete, una volta per il tuo passato, un’altra per il tuo presente ed, infine, un’altra ancora per il futuro.-
Detto questo prese da sotto l’abito un sacchetto di pelle dal quale estrasse una manciata di monete, probabilmente di bronzo, e le lanciò sopra il disegno. Essendo cieco non poteva vedere com’erano cadute ma, passando la mano sopra di esse e sfiorandone delicatamente la superficie, immaginai fosse in grado di ricostruire il loro schema nella sua mente. –Il tuo passato si perde in lontananza!- esclamò sorpreso. –Non avevo mai visto una cosa del genere.-
-Non ha importanza, Maestro Long Dao. Continua, te ne prego-, lo incitai.
-Una grave perdita. Un fratello, lo stesso giorno della tua… rinascita.- Si riferiva alla morte di Sunat il giorno in cui fummo investiti dal fulmine. Avevo spesso pensato che io avessi ottenuto l’immortalità per il fatto che ero stato colpito solo di striscio dalla folgore celeste, mentre il mio amico ne era stato incenerito. –Vedo molto dolore nel tuo passato, Khalàd. Molte perdite. Me ne rammarico.-
-Cose del passato. Che mi dici del presente?- Ero scettico all’inizio di quella divinazione. Non la ritenevo potente come i riti di veggenza dei druidi britanni, eppure ciò che mi aveva detto mi aveva convinto ad incitarlo a proseguire.
Long Dao lanciò nuovamente le monete e vi passò sopra la mano per acquisire lo schema nella sua testa.
-I dubbi rodono il tuo cuore. Uno su tutti. Togliere o preservare la vita.- Ancora il dilemma di Gesù. Quando ripensavo a quanto debole ero, incapace di mantenere la promessa fatta al mio amico, mi prendeva una stretta al cuore. –Cerchi i mezzi per elevarti al di sopra dei tuoi simili ma la ricerca si fa sempre più ardua. La nebbia avvolge i tuoi passi, sempre più fitta-, concluse enigmatico il maestro taoista.
-E che mi dici del futuro?-
-Ora lo vedremo-, mi assicurò lanciando nuovamente le monete. Accadde una cosa incredibile. Le monete caddero tutte in piedi. Nessuna disposizione che l’indovino potesse leggere. –Una cosa mai vista!- sentenziò Long Dao assumendo un’espressione preoccupata. -Gli Dei non vogliono che i segreti del tuo futuro vengano rivelati! Chi sei tu per essere tanto importante per i loro progetti?-
-Sono un uomo con cui gli Dei si divertono da lungo tempo, Maestro Long Dao-, gli dissi sarcastico, come ogni volta che si toccava l’argomento. –Ma torniamo al presente. E’ vero. Io cerco i mezzi per diventare un guerriero più forte. Una grande sfida mi attente nel futuro, questo già lo so, e devo prepararmi nel miglior modo possibile. Fino ad ora ho avuto molti grandi maestri e ritengo che Kanoshi non mi avrebbe mai mandato qui se tu non lo fossi.-
-Cosa vuoi da me, Khalàd? Cos’ho io che tanto brami?- mi domandò serio l’indovino guerriero.
-Neppure io lo so bene, ma mi hai sconfitto nonostante tu sia cieco e la tua spada sia inferiore alla mia. In qualche modo devi conoscere arti di combattimento che ti permettono di lottare ad altissimo livello.-
Long Dao si fece silenzioso e prese ad accarezzarsi la lunga barba bianca. –Come credi ti abbia sconfitto?- mi domandò infine.
-Sicuramente usando un’arte marziale molto potente. Maneggiavi quello spadone come se non avesse peso-, affermai sicuro.
-Il mio stile di lotta è simile a molti altri, ma qualcosa hai intuito. Devi guardare oltre la forma e capire le leggi che governano i movimenti. Questa è l’essenza dell’arte marziale di Wu Dan che, unita al controllo dell’energia interna, crea l’equilibrio necessario per elevarsi al di sopra degli altri guerrieri.-
-Comprendo poco ciò che mi dici ma avendoti visto all’opera non esito a crederti. Ti chiedo di insegnarmi i tuoi segreti affinché io possa migliorare nell’arte della lotta e della spada.-
-Essere un guerriero non vuol dire solo lottare meglio di altri, Khalàd, ma questo lo imparerai con il tempo. Hai fatto molta strada per venire da me e il tuo talento è innegabile. Quando si perde uno dei sensi gli altri diventano più potenti e io non sento malvagità in te, uomo dell’occidente. Percepisco solo molta incertezza. Ti insegnerò i miei segreti, come desideri, ma sappi che non sarà una cosa facile e ci vorrà molto tempo.-
-Sono pronto a qualsiasi sacrificio, Maestro Long. Il tempo per me non è un problema.-

-Non ho ancora capito cosa ti insegnò-, mi dice perplessa mia nipote.
-Appresi i fondamenti delle arti marziali taoiste, affinché potessi applicarli alle tecniche che già conoscevo.-
-E con la spada come te la cavasti?-
-Scoprii un piccolo segreto del modo di lottare di Long Dao. Quella spada che lui usava, tanto grande e pesante, aveva un forma tutta particolare che il suo padrone conosceva alla perfezione. Sapeva esattamente dov’era distribuito ogni grammo del suo peso e questo gli permetteva di utilizzarla di slancio, sfruttando sia lo sbilanciamento dell’arma che le sue dimensioni. In questo modo, Long Dao, seppure la vecchiaia gli avesse tolto molte forze, poteva sollevare e manovrare quella lama con grande facilità.-
-Sembra una cosa difficile-, commenta Cristina perplessa.
-Lo fu anche per me, finché non capii il trucco.-

Rimasi con Long Dao tre anni, durante i quali imparai molte cose sul taoismo e sulla filosofia che ne era alla base. Oltre agli insegnamenti sul combattimento, l’anziano maestro mi elargiva anche nozioni di erboristeria, di massaggio del corpo e di medicina Kinn, un raffinato sistema medico basato più sulla prevenzione della malattia che sulla cura. Appresi i segreti per sviluppare e dominare l’energia interna, il Chi, con il doppio intento di sferrare colpi più potenti e di manipolare quella degli altri per guarire o per… distruggere.
Passati quei tre anni, Long Dao, una sera, mi fece il suo discorso di congedo.
-Hai capacità di apprendimento straordinarie, Khalàd. In così poco tempo hai imparato ciò che altri miei allievi hanno appreso in dieci anni.-
-Imparo in fretta-, dissi alzando le spalle.
-Ad ogni modo credo di non avere più nulla da insegnarti. Solo l’esercizio continuo ti permetterà di affinare le tue tecniche e di fonderle con quelle che già conoscevi. Ritengo tu possa andare per la tua strada.-
-Non lo so, Maestro. Sento che mi manca qualcosa… esperienza credo.-
-E’ vero. Per questo voglio che tu la faccia al seguito di uno dei miei allievi, il migliore. Il suo nome è Guan Yu, uno dei cinque “Generali della Tigre”. Unisciti a lui e al suo amico fraterno Zhang Fei e, se puoi, misurati con loro. Li troverai a sud di qui, al seguito di Liu Bei, un signore della guerra che sta cercando di riunificare il dominio dei Kinn. Sarà interessante il confronto tra le vostre tecniche-, concluse quasi ridendo.
-Sarà come vuoi, Maestro. Partirò al più presto per cercare i tuoi allievi.-
“Al più presto” significò per me il giorno seguente. Salutai il Maestro Long ringraziandolo di tutto quello che aveva fatto per me, e gli lasciai anche alcune monete d’oro che avevo portato con me dal Sole Nascente. Mi diressi a sud dove Liu Bei, ex prefetto sotto la dinastia Han, aveva riunito un esercito e aveva conquistato tutte le regioni di quella parte del dominio, fondando quello che veniva chiamato regno di Shu. Seguendo i consigli del grande stratega Zhuge Liang, tramite alleanze e conquista di punti nevralgici del territorio Kinn, aveva favorito la creazione di tre cosiddetti regni, tre aree di influenza nel dominio un tempo degli Han. Il più potente di questi regni era Wei, governato da Cao Cao, ex primo ministro dell’imperatore Han, vero antagonista di Shu e di Liu Bei. Il terzo regno era Wu, il meno potente dei tre ma pronto ad allearsi con il più forte a seconda delle convenienze. Questa era la situazione dell’impero Kinn quando mi misi in cerca del generale Guan Yu.
Vestivo come un Kinn e, se non fosse stato per il colore della mia pelle e i tratti del mio viso, potevo essere scambiato per uno dei tanti guerrieri erranti che vagavano in quel tempo. In ogni luogo dove domandassi di Guan Yu, tutti mi rispondevano che cercavo il più grande combattente di tutto l’impero e lo chiamavano “Dio della Guerra”.

-Alla gastronomia cinese ho visto una statuetta raffigurante un guerriero in armatura verde, con la faccia tutta rossa e la lunga barba nera. Impugna una specie di alabarda-, mi dice Cristina cercando di ricordare altri particolari. –Il proprietario mi ha spiegato che si tratta del santo protettore degli artisti marziali.-
-Guan Yu, o Guang Yuang. Il Dio della Guerra. E’ lui-, confermo annuendo. –La sua fama divenne talmente grande che ben presto ascese agli altari come nume protettore di coloro che praticavano le arti del combattimento.-

Ero entrato nel nuovo regno di Shu da pochi giorni quando un mattino, appena dopo aver mangiato qualcosa, venni accerchiato da una ventina di soldati in armatura, tutti armati di lancia.
-Sei un guerriero errante?- mi chiese il capo del manipolo.
-Diciamo che lo sono. Che volete da me?- risposi osservando bene la situazione.
-Silenzio! Le faccio io le domande! Il generale Zhang Fei vuole che tutti i guerrieri erranti vengano portati al suo cospetto per essere valutati ed eventualmente incorporati nell’esercito!-
-Bene, bene…-, dissi a bassa voce alzandomi. –Andiamo, allora. Non facciamo aspettare il generale.- Il capitano del manipolo rimase sorpreso della mia accondiscendenza. Evidentemente era abituato ad orgogliosi rifiuti. Io, invece, volevo incontrare proprio Zhang Fei, uno dei Generali della Tigre.
Non era un rastrellamento, altrimenti ci sarebbero stati altri “prigionieri” con il gruppo dei soldati, quindi, dedussi che il campo di Zhang Fei fosse abbastanza vicino. Non mi sbagliavo perché dopo appena due ore di cammino arrivammo in un grande accampamento immerso nella boscaglia, dove sorgevano innumerevoli tende e dove tutto sembrava in frenetico movimento.
A dirigere i lavori del campo c’era un colosso barbuto che strillava ordini in tutte le direzioni con una voce che sembrava strappata al cielo, tanto era possente. Mi stavano portando proprio da lui.
-Generale!-, disse il capitano del manipolo quando fummo al cospetto del colosso. –Tornando dal pattugliamento abbiamo trovato questo giovane guerriero errante e te lo abbiamo portato.-
-Razza d’asino!- esclamò contrariato quello che, dalla descrizione che mi aveva fatto il Maestro Long, doveva essere sicuramente Zhang Fei. –Non vedi che è poco più di un ragazzo? Cosa vuoi che sappia fare uno tanto giovane?- esclamò il grande generale indicandomi. Doveva avere più o meno quarant’anni ed era leggendario il suo brutto carattere, oltre che la sua forza mostruosa.
-Lo sono anche io, Fei-, disse un voce alle nostre spalle. –Eppure combatto con te e sono anch’io un generale.-
Un giovane sui vent’anni, dai lunghi capelli neri e dalla lucente armatura, stava avanzando verso di noi. Esclamazioni di sorpresa si levarono dai soldati alle mie spalle. –Zhao Yun-, sentii sussurrare. –Un altro Generale della Tigre.-
Immaginai di avere fortuna perché già due dei più forti guerrieri Kinn stavano di fronte a me.
-Non occorre che me lo ricordi, ragazzo. Non ero d’accordo quando il nostro signore ti ha preso con noi.-
-Ma Guan Yu si e anche questo giovane merita una possibilità. Lo metterò io alla prova visto che porta una spada-, disse tranquillo il nuovo arrivato estraendo la sua arma dal fodero. I soldati si allontanarono da me, lasciandomi alle “cure” del più giovane dei comandanti di Liu Bei.
Estrassi la spada appena in tempo per deviare l’attacco improvviso del mio avversario. Era abile, sicuramente, ma non aveva la mia esperienza nei duelli. Io volevo battermi con Zhang Fei. Ci esibimmo in una serie di spettacolari volteggi in cui attacchi e parate si susseguivano a ritmo incalzante. Stanco di quella danza e sicuro di aver impressionato con la mia abilità, chiusi la partita e con un fendente diagonale spezzai di netto la spada di Zhao Yun e rigai persino la sua armatura. Fu silenzio quando gli puntai Uragano alla gola.
-Ti arrendi?- gli chiesi soltanto.
-Hai vinto-, mi ripose ancora incredulo, osservando il moncone della spada che teneva in mano. Rinfoderai la spada e lo aiutai ad alzarsi.
-E’ stato un onore affrontare un nobile Generale della Tigre. Sei stato un valoroso avversario.-
-Valoroso ma non abile quanto te…-
-Khalàd. Khalàd di Uruk-, risposi fieramente, anche se dopo la sua scomparsa, il nome Uruk non significava più nulla.
Un battito di mani ruppe il silenzio creatosi dopo la mia vittoria. Un uomo alto, vestito in verde e coperto dagli elementi di un’armatura, stava avanzando verso di noi. Aveva barba e baffi completamente neri e anche la pelle era più scura di quella dei suoi compatrioti. Legata alla schiena portava una grande alabarda che terminava con una punta acuminata da un lato e una larga lama dall’aria sinistra dall’altro. Sentii Uragano vibrare all’avvicinarsi dell’uomo e credo che anche al sua lama si comportasse allo stesso modo perché si accigliò e la tocco con una mano per verificare l’evento.
-Hai visto, fratello Yu? Questo ragazzo sa combattere!- esclamò il vocione di Zhang Fei.
-Ho visto, fratello-, rispose il nuovo venuto che non aveva bisogno di presentazioni. Tutti abbassarono la testa al suo cospetto e lo feci anche io.
-Nobile Guan Yu-, dissi. -E’ un onore conoscerti.-
Continuava a issarmi fimperturbabile.

-Tre Generali della Tigre riuniti in uno stesso luogo! Un evento raro immagino.-
-L’evento era più raro di quanto credi perché ero capitato li alla vigilia di un consiglio di guerra. Entro breve tempo sarebbero giunti anche gli altri due generali, Ma Chao e Rhenz Hong, che accompagnavano il loro signore Liu Bei.-
-Li affrontasti tutti?-
-In diversi momenti, mi confrontai con ognuno di loro-, ammetto.

-Sei abile, Khalàd di Uruk. Non è da tutti sconfiggere un Generale della Tigre-, parlò Guan Yu lisciandosi pensierosamente la barba. I suoi occhi neri come il carbone mi penetravano l’anima. Mi stava valutando.
-Ti ringrazio del complimento, nobile generale. Ti porto i saluti del nostro comune maestro, Long Dao.-
-Il Maestro Long?!- esclamò sorpreso Zhang Fei. –Ora si spiegano molte cose!- Anche Guan Yu era rimasto spiazzato dalla mia rivelazione.
-Fei-, chiamò il primo dei generali. –Perché non saggi tu le capacità di questo giovane.-
-Con vero piacere!- esclamò il bestione scoppiando in una sguaiata risata. Guardai Guan Yu dritto negli occhi, cercando di capire cosa avesse in mente. –Usa pure la spada, ragazzo! Per me non fa differenza!- mi disse Zhang Fei per fare lo spaccone. Io e Guan non ridevamo e continuavamo a fissarci.
Presi Uragano e la lanciai di lato. Avrei combattuto a mani nude, come lui, perché non lo temevo.

-Perché ti prestavi alle loro regole? In fondo eri stato trascinato li con la forza.-
-E’ vero, ma dimentichi che anche io li stavo cercando e che il mio obiettivo era proprio quello di misurarmi con loro.-
-Zhang Fei era davvero così forte?-
-Si. Lo era davvero. Dominava alla perfezione l’arte dell’energia interna e conosceva una tremenda arte marziale il cui colpo principe era il “Palmo del Terremoto”.-
-E il tuo?-

Mi misi in posizione di guardia e liberai la mente come Kanoshi e il Maestro Long mi avevano insegnato a fare. Zhang Fei si faceva avanti spavaldo, senza nessuna precauzione. I suoi primi colpi furono di prova, per saggiare la mia agilità. Nonostante la corporatura imponente, si muoveva rapido quasi come il giovane generale Zhao Yun. Lo spostamento d’aria generato dai suoi pugni e dai suoi calci era davvero potente e più volte schivai il colpo per un pelo.
-Sai scappare. Te lo concedo-, mi disse il forte combattente. –Ora cominciamo a fare sul serio, però.-
Lo accontentai e dopo aver schivato l’ennesimo suo colpo, approfittando della sua posizione sbilanciata, gli piazzai un tremendo pugno sulle costole che lo fece sussultare e indietreggiare. Non mi lasciai sfuggire l’occasione di incalzarlo e partii all’attacco con una sequenza di calci e pugni talmente rapidi che solo con una mossa disperata riuscì a rompere il mio attacco. Purtroppo, nella foga dell’attacco, anche io avevo dimenticato la prudenza e quando usò il suo colpo speciale ero troppo vicino per evitarlo. Zhang Fei accostò i palmi aperti delle grandi mani e mi colpì con tutta la sua energia, interiore ed esteriore, al petto. Era il famoso Palmo del Terremoto. La violenza del colpo fu davvero impressionante e se anche io non avessi concentrato il mio Chi nel petto, mi avrebbe fracassato il torace. Venni sbalzato via di parecchi metri e fu solo un albero ad arrestare la mia avanzata. Zhang Fei era però un combattente temibile e meritava tutta la sua fama. Dopo avermi colpito mi venne immediatamente dietro per aggiungere un altro devastante colpo e finirmi. Io però non ero da meno e usai tutti i miei secoli di esperienza di battaglie per contrastarlo. Dopo essere stato scaraventato contro l’albero, stringendo i denti, mi voltai e lo usai come trampolino per spiccare un rapidissimo salto in direzione del mio avversario. Era una delle mie più temibili tecniche ninja, il Pugno della Pantera. Trattandosi però di un avversario così robusto, decisi di sfruttare la sua stessa tattica e di usare entrambi i pugni, carichi di energia interna. Se il generale non si fosse protetto la testa con le mani, la mia forza fisica sommata alla forza dello slancio e al Chi, gli avrebbe fatto esplodere la testa. Finì che venne a sua volta sbalzato contro una cavallo, abbattendolo. Non proseguii l’attacco. Per me il confronto era finito, in parità.
-Tu!- esclamò il generale alzandosi, livido in volto per la rabbia. Mi venne incontro furente come un bufalo ma non mi feci impressionare. Si fermò ad un passo da me e fui quasi convinto che mi volesse nuovamente attaccare. Riuscii a mantenere la calma e questo mi fece vincere quel confronto di atteggiamenti. Anche Zhang Fei lo comprese e, di colpo, la sua rabbia si trasformò in allegria. Scoppiò in una sonora risata che echeggiò in tutto il campo.
-Ben fatto, ragazzo!- mi disse dandomi una tremenda pacca su una spalla. –Sei forte quanto noi Generali della Tigre. Che ne dici Yu?- disse poi rivolto al suo fratello d’armi. –Gli offriamo un lavoro?-
Guan Yu, impassibile fino a quel momento, accennò un mezzo sorriso e annuì. Senza dire nulla si voltò e se ne andò.
-Ti interessa, ragazzo?- mi domandò Fei. –Combatti per il nostro signore, Liu Bei, e diventerai presto un uomo famoso e di grande potere. Neanche le ricchezze ti mancheranno… e le donne!-
-Accetto con molto piacere, generale Zhang Fei-, risposi inchinandomi e avvolgendo il pugno sinistro nella mano destra, in segno di rispetto e saluto. –Spero un giorno di potermi confrontare anche con il generale Guan Yu.-
-Prima o poi accadrà-, mi assicurò l’omone. –Yu è un uomo molto riflessivo, al contrario di me. Sarà lui a scegliere il momento adatto a sfidarti.-
Per i seguenti tre giorni rimasi al campo in attesa dell’arrivo di Liu Bei. Sarebbe stato lui a dire l’ultima parola sulla mia integrazione nei ranghi. Avrei dovuto dividere la tenda con alcuni soldati ma, inaspettatamente, il giovane generale Zhao Yun, quello che avevo sconfitto, volle avermi ospite nella sua tenda. Avevamo apparentemente la stessa età e utilizzavamo la stessa arma, la spada. In breve tempo diventammo amici e fu lui a spiegarmi la situazione delicata in cui l’armata di Liu Bei si trovava. Un tempo, lui e Cao Cao avevano servito sotto gli Han ed erano grandi amici ma, dopo la caduta della dinastia, il loro interesse divenne lo stesso, il predominio sull’impero. Questo portò, appunto, alla formazione di tre regni, Shu, quello di Liu Bei, Wei di Cao Cao e Wu, il meno potente dei tre. La situazione, però, era in fase di stallo. Dopo una prima alleanza tra Liu Bei e il regno di Wu, quest’ultimo aveva tradito e stava facendo mancare il proprio sostegno al regno di Shu, proprio alla vigilia dello scontro decisivo. Il consiglio di guerra con tutti i Generali della Tigre era finalizzato proprio a decidere la miglior strategia da adottare.

-Una delle dinastie cinesi fu Wei, se non sbaglio-, mi dice Cristina cercando un collegamento tra ciò che le sto narrando e quello che lei ha studiato dalle fonti ufficiali.
-Si. Fu il regno di Wei a prevalere e Cao Cao divenne il capostipite di quella breve dinastia, anche se non fu mai nominato imperatore.-
-Come può aver perso Liu Bei con simili combattenti al suo fianco?-
-Perché il suo stratega, Zhuge Liang, elaborò un piano geniale per conquistare sia Wei che Wu, ma non tenne conto della natura dell’armata del suo datore di lavoro-, le spiego.
-Che intendi?-

-L’armata di Liu Bei è numericamente inferiore a quella di Cao Cao-, mi spiegò Yun mentre passeggiavamo per il campo. Aveva un nuova spada nel fodero, anche se non era quella più preziosa che teneva nella sua tenda, un’antica spada donatagli da suo padre e che portava solamente in battaglia. –Tuttavia è composta solo da uomini scelti. Ogni Generale della Tigre comanda un battaglione che ha addestrato personalmente. Il mio è il battaglione delle “Lame Volanti”, formidabili spadaccini che io stesso ho scelto e istruito. Poi ci sono i “Giganti” di Zhang Fei, uomini di corporatura simile a quella del loro condottiero che praticano l’arte del combattimento ad altissimo livello. I “Cavalieri del Vento” sono gli uomini di Ma Chao, il generale che è anche la guardia del corpo di Liu Bei. Qualcuno vocifera che sia il fratello di sangue di Cao Cao e forse è per questo che il mio signore lo tiene sempre accanto a se. Per controllarlo-, concluse maliziosamente il giovane generale con un mezzo sorriso. –Ci sono poi le “Folgori Celesti”, gli arcieri di Rhenz Hong, il più anziano dei generali, ma non per questo il meno forte.-
-E di Guan Yu che mi dici? Chi sono i suoi uomini?-
-I più forti tra di noi-, disse senza esitazione di sorta Zhao Yun. –Sono chiamati i “Draghi di Fuoco”, abili nel maneggiare le armi lunghe e irriducibili combattenti. Ad ogni modo, nessuno può competere con Guan Yu e il suo “Drago Celeste”, l’alabarda che lui stesso ha ideato e ha fatto forgiare.-
-Mi dispiace di averti messo in imbarazzo davanti ai tuoi uomini, l’altro giorno-, gli dissi per tentare di scusarmi.
-Ho insegnato alle mie Lame Volanti che nessuno è invincibile. C’è sempre qualcuno più forte di te. E’ uno stimolo per allenarmi e sfidarti nuovamente.-
-Sarò onorato di misurarmi nuovamente con te.-
Un gong risuonò più volte nel campo e la frenesia prese il sopravvento sulla lenta routine.
-Il mio signore, Liu Bei, sta arrivando. Devo andare a rendergli omaggio-, mi fece sapere Yun.
Ci affrettammo a raggiungere il centro dell’accampamento, dove già gli ufficiali dei battaglioni erano schierati per accogliere il signore di Shu. Altri guerrieri erranti erano presenti e mi unii a loro, al di fuori dei ranghi dell’esercito che si stava via via mettendo in formazione. Quasi cinquemila uomini si stavano li radunando, gran parte dell’armata di Liu Bei. Davanti a tutti, Guan Yu, Zhang Fei e Zhao Yun attendevano l’arrivo della portantina del loro signore, scrutando intensamente il largo sentiero che si perdeva nella boscaglia, sul quale si vedeva già transitare il mezzo di trasporto assieme ai battaglioni degli altri due Generali della Tigre. Poco prima di entrare nell’accampamento, due uomini a cavallo corsero avanti alla colonna in marcia e quasi in acrobazia smontarono dai loro destrieri, affiancandosi ai tre Generali della Tigre già presenti. Uno era un uomo avanti con gli anni, con la barba completamente bianca che spuntava, assieme al suo viso, da sotto l’elmo di un’armatura luccicante come quella di Zhao Yun. Sulla sua schiena erano fissate una faretra piena di frecce e un piccolo arco. Rhenz Hong. L’altro guerriero non portava nessuna protezione ed era armato solamente con una sciabola, che teneva legata alla schiena anziché al fianco. Il volto era severo e guardingo. Quello era Ma Chao.
L’uomo che scese dalla portantina pareva più un dignitario di corte che un signore della guerra, ma Yun mi aveva detto di non farmi ingannare. Sotto i modi raffinati da cortigiano si nascondeva un temibile combattente, forte quanto un Generale della Tigre.
-Salutiamo il nobile Liu Bei, signore di Shu!- esclamarono in coro tutti i soldati inginocchiandosi. Imitai quella reverenza ma i miei occhi non si staccavano dai cinque generali schierati.

-Perché eri così ossessionato da Guan Yu?- mi domanda mia nipote.
-Perché stavo cercando di capire chi realmente guidasse il regno di Shu-, rispondo senza giri di parole. –Non comprendevo il motivo per il quale un uomo potente come Guan Yu potesse mettersi al servizio di un qualsiasi signore della guerra. Da quanto avevo appreso da Yun, Liu Bei non seguiva nessun nobile ideale. Voleva solo il potere lasciato vacante dagli Han, come Cao Cao del resto. Il Dio della Guerra non mi sembrava tipo da fare il mercenario per così poco.-

-Alzatevi, amici miei-, disse il nuovo arrivato ai suoi generali. –Ci sono novità di rilievo Yu?-
-Nessuna che tu già non conosca, signore. La situazione è ancora bloccata. Cao non si muove e gli uomini di Wu stanno aspettando per vedere chi diventerà la carcassa da sbranare.-
-Una situazione poco allettante-, commentò Liu Bei sarcasticamente. Da dove mi trovavo potevo udire tutti i loro discorsi. Liu Bei era alto quanto Guan Yu ma a differenza di quest’ultimo aveva una carnagione molto chiara, che contrastava nettamente con i capelli e i baffi di un nero lucentissimo. –Avete trovato uomini per ingrandire i ranghi?- domandò ancora il signore di Shu.
-Solo guerrieri erranti, mio signore-, disse Zhang Fei. –Le bande di mercenari indipendenti si stanno unendo a Cao e all’armata di Wei. Nessuno da assoldare.-
-Vediamo questi guerrieri-, disse sconsolato Liu Bei.
Io e gli altri “ospiti” del campo fummo fatti avanzare e il comandante supremo ci squadrò uno per uno. –Non sembrano gran che. Se almeno uno di loro sapesse combattere davvero sarebbe già tanto.-
-Signore-, intervenne Zhao Yun. –Posso suggerirvi una prova per scegliere i migliori?-
-Ma certo, mia fedele “Lama Volante”. Parla.-
-Fateli combattere tra di loro-, propose maliziosamente il giovane generale guardandomi. –Quello di loro che rimarrà in piedi potrà essere assoldato.-
-Idea interessante. Faremo così. Lasciamo spazio. Chi non è d’accordo può andarsene anche subito.-
Il combattente che avevo di fianco, un bestione con una faccia che esprimeva solo violenza, si fece avanti. –Non serve combattere! Sono io, Hung Po il più forte! Perché sprecare energie per questi dilettanti?!-
Appena ebbe finito di parlare feci un passo in avanti e mi portai al suo fianco. Con una giravolta improvvisa gli assestai uno dei miei pugni appena sopra l’inguine, nel punto che gli orientali chiamavano “Hara” o “Tan Tien”, il centro delle energie interiori. Crollò svenuto con un tonfo che sollevò una nuvola di polvere.
-Meno uno-, commentò Zhang Fei guardando divertito Zhao Yun. Chiaramente sapeva per quale motivo il suo amico e compagno aveva proposto quella sfida.
Gli altri guerrieri erranti, vedendo in me un avversario temibile e supportato anche da alcuni generali, coalizzarono le loro forze e mi circondarono per attaccarmi tutti insieme. Alcuni di loro avevano sguainato le spade. Estrassi anch’io Uragano e mi preparai ad affrontarli. Dovevo stare attento a non ucciderli perché quella doveva essere solo una prova di abilità e non un combattimento mortale. Durante il primo scontro con Zhao Yun, com’era già accaduto in passato, avevo rapidamente appreso il suo straordinario stile di combattimento. Avevo sconfitto il giovane generale solo per il fatto che Uragano era un’arma di livello superiore, non perché lui fosse meno abile di me.
Mi accerchiavano non meno di otto avversari e tutti abili guerrieri. Lungi dal sottovalutarli, allo stesso modo non li temevo e, come spesso facevo, attaccai per primo per sfruttare il fattore sorpresa. Con due rapide giravolte, sferrai due potenti colpi con il piatto della spada alle tempie di due avversari che caddero a terra storditi. Schivai gli affondi di altri due e piantai loro nello stomaco il pomolo di Uragano. Ne rimanevano quattro di cui due armati di lunghe lance. Deviai i fendenti che stavano per decapitarmi e abbattei un altro avversario con un potente calcio all’inguine. I due lancieri mi si fecero sotto assieme, per tentare di infilzarmi come si faceva con i cinghiali. Le loro lance di legno però erano come il burro per la mia spada celtica e, con un unico fendente circolare, si trovarono disarmati ed inermi e si fecero indietro. Ne rimaneva uno, il più scaltro. Aveva mandato avanti i due lancieri per trovare un punto debole nella mia difesa e attaccarmi a tradimento. Non ne trovò e, per impartirgli una lezione d’onore, gli spezzai la spada a livello dell’elsa.
Il battito di mano di Liu Bei zittì le urla di esultanza della truppa per la mia schiacciante vittoria. Guan Yu era rimasto impassibile mentre Zhang Fei raccoglieva le vincite dei soldi che, senza che nessuno lo vedesse, aveva puntato su di me.
-Impressionante-, commentò il signore di Shu. –Sei davvero un combattente di primo livello, ma saprai tenere testa anche alle mie guardie del corpo?- Ma Chao e Rhenz Hong, i due Generali della Tigre giunti assieme al signore della guerra si fecero avanti.
-Ma, signore! Non avete mai richiesto prove simili!- esclamo sorpreso, e un po’ indignato, il mio amico Yun.
-Silenzio, generale! Avanti! Combattete!-
I due Generali della Tigre cercarono di farmi capire immediatamente che non scherzavano e mi attaccarono subito con tecniche mortali. Rhenz Hong era abilissimo nelle prese e nelle chiavi articolari, nonché infallibile arciere, mentre Ma Chao, il più forte dei due, era famoso per i sui maestosi calci. Attaccarono per uccidermi.

-Per quale motivo Liu Bei si comportò così?- mi domanda Cristina senza capire.
-Seppure non ne avessero bisogno, voleva preservare l’alone di invincibilità che circondava i suoi Generali della Tigre. Non sapeva che ne avevo già sconfitto uno e pareggiato lo scontro con un altro.-
-Ti prese con lui?-
-No-, rispondo scuotendo la testa.

Dovevo evitare i poderosi calci di Ma Chao e, contemporaneamente, stare lontano da Rhenz Hong. Se l’anziano arciere mi avesse afferrato, per me sarebbe stata la fine perché così bloccato sarebbero riusciti a colpirmi a morte, che per me non sarebbe stata morte ma la rivelazione del mio segreto. Decisi di puntare tutto su Rhenz Hong e di abbatterlo per primo. Utilizzai la tecnica di spada di Zhao Yun unita allo stile ninja degli Hattori. L’anziano generale tentò inutilmente di afferrarmi le braccia e si accontentò di deviare il mio attacco con gli avambracci. Riuscì comunque a sferrarmi un doloroso pugno alle costole. Respiravo a fatica ma sentii lo spostamento d’aria del calcio volante di Ma Chao in arrivo. Mi colpi di striscio ad una spalla, lacerandomi la veste. La mia tattica non funzionava. Quei due erano troppo forti per affrontarli insieme senza ucciderli e senza farmi scoprire.

-Non era meglio ucciderli? Loro in fondo cercavano di farlo.-
-Mi ritenevo abbastanza abile da non arrivare a tanto. Volevo davvero evitare gli spargimenti di sangue, per quanto possibile.-
-Che facesti allora?-
-Li feci scontrare tra di loro-, rispondo con un sorriso diabolico.

Dovevo trovare una soluzione. Ero ancora tra due fuochi e i due Generali della Tigre stavano per attaccarmi nuovamente. Mi venne un’idea. Quando io attaccavo uno di loro, l’altro mi aggrediva alle spalle. Potevo sfruttare quella situazione. Piantai Uragano a terra e mi avventai nuovamente su Rhenz Hong. Era molto veloce nel tentare di afferrarmi ma io lo ero di più. Usando la sua stessa tecnica lo intrappolai in una chiave articolare e attesi l’attacco di Ma Chao. Il Generale della Tigre non tardò a sferrare un tremendo calcio diretto alla mia schiena ma, all’ultimo istante mi scostai e misi il corpo dell’anziano arciere sulla traiettoria del colpo. Rhenz Hong fu sbalzato via di parecchi metri, finendo addirittura addosso ai suoi stessi soldati. Ma Chao era rimasto sorpreso dalla mia mossa e io ne approfittai. Recuperai la mia spada e gli piazzai un violento colpo di piatto a lato del collo, buttandolo a terra stordito. Avevo vinto. Nuove grida di esultanza si levarono dalle truppe schierate ma non durò molto. Un freccia mi si piantò nella gamba facendomi urlare di dolore.
-Ah! Maledetto vigliacco!- inveii in direzione di Rhenz Hong che, rialzatosi, aveva recuperato il suo piccolo arco e mi aveva scagliato contro il dardo.
-Basta! Ho visto abbastanza!-, esclamò Liu Bei. –Non sei riuscito a prevedere l’evento. Sei forte ma non abbastanza per essere un mio uomo. Vattene immediatamente.-
Con occhi furenti raccolsi la mia spada celtica e, trascinandomi sulla gamba buona, lasciai lentamente l’accampamento. Il dolore era tremendo ma non potevo strapparmi la freccia in piena vista. La guarigione della mia ferita avrebbe impressionato troppo.
Non mi allontanai di molto. Trovai una piccola radura erbosa e mi sedetti ai piedi di un grande albero. Estrassi la freccia e lasciai che la ferita si rimarginasse. Era primo pomeriggio e il sole caldo illuminava generoso quell’angolo di mondo. Con la tecnica insegnatami dal druido Taliesin, assorbii un po’ di luce e recuperai in un attimo tutte le mie forze. Non passò molto che un rumore destò i miei sensi e misi subito mano alla spada.
-Tranquillo, Khalàd-, disse la familiare voce di Zhao Yun. Il Generale della Tigre uscì dalla boscaglia con la sacca dei miei averi in mano. –Ti servirà questa per il viaggio-, mi disse con espressione desolata.
-Non e’ colpa tua, Yun. Tu sei un buon amico-, gli dissi mettendogli una mano su una spalla.
-Ti ho portato una sorpresa. So che ci tenevi tanto anche se non comprendo il perché. La tua forza l’hai dimostrata.-
Guardai nella direzione dalla quale Yun era venuto e rimasi sorpreso nel vedere Guan Yu in persona.
-Yun mi ha detto che era tuo desiderio misurarti con me. E’ stato il Maestro Long a suggerirtelo?-
-Si, anche se non so il perché.-
-Molto bene, Khalàd. Sono anch’io curioso di vedere ciò che sai fare veramente. Ma non combattere come hai fatto prima, cercando di risparmiare il tuo avversario. Attaccami come fosse un combattimento mortale e dai fondo a tutte le tue energie.-
-Come vuoi, nobile Guan Yu-, risposi inchinandomi mentre lui afferrava da dietro al schiena il Drago Celeste, la sua micidiale alabarda. Uragano vibrava in modo innaturale e il anche il Dio della Guerra doveva avere lo stesso problema con la sua arma, visto che per un istante l’aveva fissata perplesso.
Ci lanciammo uno sull’altro nello stesso istante. Evitammo i nostri rispettivi attacchi per alcuni minuti poi, finalmente, le nostre lame si incrociarono e accadde l’incredibile. Nel momento in cui Uragano e il Drago Celeste si scontrarono, si scatenò una tremenda forza repulsiva che le fece volare via di mano ad entrambi.
-Incredibile!- esclamò Guan Yu davvero sorpreso.
Un’idea mi balenò nella testa. –So che tu stesso hai commissionato il Drago Celeste, generale. Dove hai trovato il metallo?-
-Mi crederesti se ti dicessi che è caduto dal cielo?-
-Certo che ti credo perché anche il metallo della mia spada è venuto da li. Questo spiega il mistero delle vibrazioni che avvertivamo.-
-Quindi le vostre armi si equivalgono-, intervenne Zhao Yun euforico.
-Probabilmente-, commentò Guan Yu lisciandosi la barba.
-No. Il Drago Celeste è superiore alla mia spada celtica-, ammisi osservando le due armi cadute a terra. –La mia arma non ha ancora raggiunto la sua forma finale ed è per questo che il Maestro Long mi ha mandato a cercare il Dio della Guerra.-
-Voleva che vedessi la mia arma e capissi come l’avevo ideata-, concluse per me il grande guerriero raccogliendo entrambe le lame. Mi porse la sua da esaminare.
Era pesantissima e lui la maneggiava come fosse una piuma ma questo non mi sorprendeva. Dopo aver visto Long Dao combattere con uno spadone che pesava più di lui, immaginai che Guan Yu usasse lo stesso sistema, adattare la propria tecnica al peso dell’arma. Avvertii il bilanciamento perfetto dell’arma e ne ammirai la fattura di rara qualità. Notai due particolari interessanti. La guardia tonda come quella delle katane giapponesi, posta tra la corta e larga lama e l’asta, e la micidiale punta dall’altro lato, che Guan Yu usava per combattere tanto quanto la lama.
-Ho capito. Ora so cosa devo fare con la mia spada, quando sarà il momento-, esclamai soddisfatto restituendo il Drago Celeste al suo proprietario. Questi di rimando mi porse Uragano.
-Una spada notevole. Non maneggevole come le spade orientali ma sicuramente un’arma superiore.-
-Un giorno sarà straordinaria-, assicurai.
-Allora possiamo tornare a combattere? Dobbiamo solo tenerle più strette per non farcele strappare di mano-, propose il Dio della Guerra con il primo sorriso che gli vidi fare da quando lo avevo conosciuto.
Lo scontro fu lungo e articolato. Un misto di forza, tecnica e strategia. Guan Yu mi aveva visto combattere con Zhao Yun e sicuramente aveva notato che avevo appreso il suo stile di combattimento. Mostrandomi tutte le sue tecniche migliori, immaginai che volesse donarmi la sua arte marziale. Assimilai abbastanza velocemente lo stile di movimento e i colpi del Drago Celeste e li adattai ad Uragano. Il risultato fu che, come tra me e Zhang Fei, lo scontro fini in parità.
Dopo l’ennesimo scontro, Guan Yu abbassò l’arma e si inchinò. –E’stato un onore combattere con il più grande guerriero d’occidente, perché sicuramente lo sei, Khalàd di Uruk.-
-L’onore è stato mio. Non è da tutti potersi confrontare con il più grande guerriero d’oriente-, ricambiai il saluto e il complimento.
–Perché non hai utilizzato il tuo Chi?- mi chiese distrattamente.
-E tu perché non lo hai fatto?- gli domandai sorridendo.
-Per lo stesso motivo immagino.-

-Per quale motivo?- mi domanda Cristina senza capire.
-Perché per quanto lo avessimo dichiarato uno scontro mortale, il nostro fu un confronto di tecnica e non di potenza. Quella sapevamo già di averla.-
-Te ne andasti così? Senza fare nulla?-
-Proprio così. Senza poter fare nulla-, le dico con il cuore colmo di tristezza.

Dopo aver salutato Guan Yu e Zhao Yun, decisi di non lasciare la terra dei Kinn, ma di girarla in lungo e in largo per vedere se potevo imparare dell’altro da quel popolo così pieno di risorse. Una sera, un mese dopo aver lasciato il campo di Liu Bei, mi trovavo in una taverna poco lontano dalle zone dei combattimenti quando entrarono tre uomini vestiti come dei pellegrini. Non mi ingannarono perché il portamento e l’occhio guardingo erano quelli dei soldati. Si sedettero proprio accanto a me e, dopo aver ordinato la cena, si misero a parlare a bassa voce tra di loro. In quei giorni c’erano soldati dappertutto, quindi non ci badai finché non sentii di sfuggita i nomi di Zhang Fei e Guan Yu. Liberai la mente e richiamai lo spirito del lupo, l’ultimo animale del quale avevo assorbito l’essenza, come avevo imparato a fare in Africa. Il mio udito si fece molto più fine e sentii chiaramente la loro conversazione.
-Quel maledetto bestione non ci sorprenderà ancora come ha fatto sul ponte.- Sembrava parlassero di Zhang Fei. –Ci ha rallentato parecchio in quell’occasione e ha dato il tempo al resto dell’esercito di Liu Bei di riorganizzarsi.
-Non c’è alternativa. Dobbiamo separarli e con loro l’armata. Solo così riusciremo a sconfiggerli-, disse un altro.
-Il nostro signore è riuscito a mettersi in contatto con suo fratello?- chiese il terzo. Possibile che fosse davvero Ma Chao? Magari un traditore?
-Si, ma lui gli ha rimandato indietro il messaggio e il messaggero. Quel poveretto aveva tutte le ossa fracassate dai suoi calci.-
-Guan Yu non cadrà nella trappola. E’ tropo scaltro e diffidente.-
-Infatti per lui nessun inganno. Quando lui e i suoi saranno rimasti soli, tenderemo loro un’imboscata e li stermineremo. Il Dio della Guerra da solo ha ammazzato cento dei nostri. Stavolta gliene manderemo contro trecento solo per lui!- affermò quello che sembrava comandare, battendo il pugno sul tavolo.
Un piano per dividere i Generali della Tigre e sbaragliare l’esercito di Liu Bei! Casualmente avevo scoperto il piano di Cao Cao per vincere la guerra. Dovevo fare qualcosa. Oppure no? In fondo Liu Bei mi aveva scacciato. Quale motivo avevo per aiutarlo? La risposta mi venne in mente ancora prima di aver terminato di pormi la domanda. I motivi erano tre e si chiamavano Zhao Yun, Zhang Fei e Guan Yu.

-Perché non hai eliminato i tre uomini appena fuori della taverna? Se sapevano del piano potevano esserne gli ideatori, magari degli ufficiali.-
-Possibile ma poco probabile-, rispondo scuotendo la testa. –Gli ufficiali degli antichi eserciti cinesi erano personaggi di rango, sempre alloggiati in lussuose tende e circondati da servitori fedeli e discreti. Non avevano bisogno di andare a tramare nelle taverne di campagna. Probabilmente qui tre erano semplici portaordini amanti del pettegolezzo.-
-E cosa facesti allora?-
-Andai al campo di Liu Bei, ma fu inutile.-

Pagai la mia cena e uscii in fretta. Senza tanti scrupoli rubai uno dei cavalli di quei tre e lo spronai al trotto verso l’accampamento dell’armata di Shu. Nel paese del Sole Nascente avevo imparato a stare discretamente in sella e a valutare i rischi del terreno per un cavallo. La notte era scura, senza luna, e se avessi spronato l’animale al galoppo su fondi accidentati l’avrei sicuramente azzoppato. I soldati armati di lancia a guardia di uno degli ingressi del campo mi sentirono arrivare da lontano e, quando giunsi al posto di blocco, mi attendevano con le lance spianate e avevano già fatto chiamare l’ufficiale di turno quella notte. Era il generale Ma Chao in persona.
-Che vuoi, guerriero errante?- mi domandò sprezzante il Generale della Tigre appena arrivò.
-Voglio parlare con il tuo signore, Liu Bei. Ho importanti informazioni da dargli sui piani del nemico.-
-E come fai ad avere tali informazioni? Sei forse tu l’esca del nemico?-
-Portami da Liu Bei! Sarete sconfitti se non gli parlo! Ma Chao! Ascoltami!- insistetti infervorandomi. –Vai almeno a chiamare Zhao Yun o Zhang Fei! Chiama Guan Yu! Lui garantirà per la mia parola!-
-La parola di chi? Di un perdente? Vattene e non tornare mai più qui o sarai giustiziato.-
Era inutile. Ma Chao evidentemente doveva aver scavalcato gli altri Generali della Tigre nelle grazie del signore di Shu e ora faceva il bello e il cattivo tempo. Compresa la situazione, mi calmai.
-Come vuoi. Me ne vado, ma non prima di averti restituito una cosa.-
-E che cosa?- mi chiese il generale sorridendo beffardamente.
-Uno dei tuoi stessi calci. Uno di quelli che mi scagliavi contro a tradimento mentre il tuo compagno mi teneva occupato.-
Prima che potesse capire ciò che stava accadendo, feci fluire nella gamba destra gran parte del mio Chi, la mia energia interiore, e gli sferrai un tremendo calcio in pieno petto, facendolo volare ben oltre le prime tende dell’accampamento. Il borioso Generale della Tigre rimase disteso nella polvere, dolorante e senza fiato. Nessuno osò fermarmi quando mi voltai e rimontai a cavallo per andarmene.
Dovevo trovare un altro modo per aiutare i miei tre amici ma non sapevo come avvicinarli. Potevo arrivare a loro facendomi largo a colpi di spada, ma questo sarebbe risultato poco gradito. Decisi quindi di accamparmi nei paraggi e di seguire l’evolversi della situazione.
Il mattino seguente, poco dopo l’alba, uomini a cavallo si presentarono all’accampamento e furono immediatamente fatti passare. Ne seguì un gran trambusto e Liu Bei in persona uscì dalla sua tenda per dare ordini ai cinque generali. In men che non si dica, tutto il grande accampamento si mise in moto. Da ogni parte i soldati correvano ad armarsi, a preparare i cavalli, ad affilare le armi e a raccogliersi sotto l’insegna del proprio gruppo armato. Il cielo era plumbeo e in lontananza si vedevano già i primi lampi. Al primo tuono, due dei cinque battaglioni si misero in marcia. Erano le Lame Volanti di Zhao Yun e le Folgori Celesti di Rhenz Hong. Almeno non avrebbero dovuto temere il fuoco. Poco dopo, sulla via della battaglia, si schierarono i Cavalieri del Vento e i Giganti, i battaglioni di Ma Chao e Zhang Fei. Come temevo, presero una direzione diversa da quella dei precedenti soldati. I Draghi di Fuoco di Guan Yu furono gli ultimi a partire e vennero proprio dalla mia parte. Decisi di seguire il loro percorso finché non fossimo abbastanza lontani dall’accampamento. Non volevo rischiare che qualcuno potesse intralciarmi. Dovevo assolutamente parlare a Guan Yu. Il Dio della Guerra montava un alto cavallo nero e stava alla testa dei suoi uomini con l’alabarda in mano, pronta a guerreggiare per il suo potente signore. Poco più indietro di lui c’era un altro guerriero, più giovane, che assomigliava a Yu in modo impressionante. Mi ricordai allora che Zhao Yun mi aveva parlato di un figlio di Yu, Guan Ping, che serviva come secondo di suo padre.
Appena fui sicuro che qualche uomo di Liu Bei non avesse seguito i Draghi di Fuoco, uscii dal mio nascondiglio e mi feci vedere. Gli alabardieri si trovavano a passare su di una strada tra le colline, immersa in verdi boschi di bambù dai quali, ogni tanto, uno strano orso bianco e nero faceva capolino.
Iniziava in quel momento a piovere. Appena Guan Yu mi vide mi fece segno di raggiungerlo.
-Sapevo che non eri lontano, Khalàd, ma non capisco perché sei restato-, mi disse il comandante dei Draghi di Fuoco.
-Vi state cacciando in una trappola. E’ un piano ordito da Cao Cao per dividervi e distruggervi uno per uno, singolarmente.-
-Me lo immaginavo-, affermò il grande guerriero per nulla sorpreso. –Degli uomini, stamattina, hanno portato la notizia che l’esercito di Wei si è diviso e che ha occupato cinque punti strategici al confine con Shu. Liu Bei ha insistito per farci dividere e riconquistare le posizioni perse.-
-E’ tutto falso. Mirano a separarvi e ad attaccarvi con forze nettamente superiori alle vostre. Ho sentito tre ufficiali che ne parlavano ieri sera. Ho tentato di venire ad avvertirvi ma Ma Chao me lo ha impedito.-
-Allora sei tu che lo ha umiliato facendolo volare con un calcio. Ben Fatto, amico mio! Una lezione di umiltà non può fargli che bene-, commentò Guan Yu sorridendo.
-Lasciamo perdere. Sapevano che non avresti abboccato e così ti tenderanno un’imboscata. Devi fermarti e tornare indietro, Yu.-
Il Dio della Guerra scese da cavallo e mi si avvicinò. Mi mise una mano su una spalla e mi guardò dritto negli occhi. –Non posso farlo, Khalàd. Liu Bei mi ha ordinato di andare in guerra e io obbedisco. Ricorda. Un guerriero è sempre fedele al signore che ha scelto di servire.-
-Anche se questo significa morte?-
-Si-, rispose soltanto, come fosse l’unica risposta ovvia da dare. Fece per rimontare a cavallo.
-Se non posso fermarti, combatterò al tuo fianco, se mi vorrai.-
-I valorosi sono sempre ben accetti, uomo d’occidente. Ma tu non hai prestato giuramento a Liu Bei. Sei libero di non farlo.-
-Ma sono anche libero di farlo. Se mi vorrai, io presterò giuramento a te, Generale della Tigre Guan Yu.-
-Non legherei mai nessuno a morte certa sapendolo in anticipo. La scelta è tua, Khalàd.-
-Allora muoviamoci e occhi aperti.- Montai a cavallo e mi misi al fianco del grande generale.
I Draghi di Fuoco contavano circa settecento alabardieri. Su un campo di battaglia avrebbero potuto tener testa ad una forza tre volte più grande ma su una strada, con le colline boscose ai lati, un buon numero di arcieri poteva fare una strage. E, infatti, fu quello che accadde. Verso mezzogiorno ci trovammo a passare per uno stretto passo collinare. La fitta vegetazione avrebbe potuto nascondere un’infinità di uomini e anche Guan Yu lo sapeva. Il suo Drago Celeste era a portata di mano, pronto a colpire, e anche io avevo estratto la mia spada di qualche dito.

-Ma se lo sapevate, per quale motivo non avete preso delle precauzioni?- mi chiede Cristina senza capire.
-Perché ci avrebbero preso alle spalle ed eravamo troppo pochi. Immaginavamo che ci avrebbero attaccato almeno duemila uomini e, quando prepari un’imboscata, non lo fai in campo aperto. La nostra speranza era che ci attaccassero in un luogo dal quale avremmo fatto presto ad andarcene.-
-Vana speranza se i vostri assalitori non erano degli stupidi.-
-La speranza è l’ultima a morire-, concludo alzando le spalle.

Il nugolo di frecce si confuse con la pioggia e il cielo grigio e ci investì in pieno. Evidentemente gli alabardieri di Guan Yu conoscevano quella tattica e passarono all’azione. Sollevarono le loro grandi alabarde e le fecero roteare vorticosamente, creando una sorta di scudo dalle frecce. Naturalmente qualcuna passava, ma in questo modo i danni furono limitati e le perdite del primo attacco risultarono minime. Anch’io, con la mia spada, feci una cosa simile utilizzando quella che Zhao Yun chiamava “Spirale del Serpente”, un movimento rapido e sinuoso del corpo che mi permetteva di roteare la spada a gran velocità, in modo da creare lo scudo antifreccia.
Dopo la prima pioggia di dardi, gli assalitori uscirono dai loro nascondigli e mi resi conto che duemila era stata una previsione ottimistica. Ce n’erano almeno il doppio. Ingaggiammo una battaglia serrata senza tregua, con il cielo che sembrava volesse piangere su quella tragedia, tanta era la pioggia che stava cadendo. I Draghi di Fuoco, con le loro pesanti armi, abbattevano molti nemici ma molti altri se ne facevano sotto e alla fine soccombevano. Sia io che Guan Yu sfoderammo tutta la nostra potenza. Facemmo fluire il nostro Chi come il Maestro Long ci aveva insegnato e, oltre ad avvolgercene come un’armatura, lo facemmo avvolgere anche le nostre armi. La maggiore pratica del Dio della Guerra era evidente perché il suo livello di energia interiore era pazzesco e gli colorava la pelle di rosso. Le lame celesti si illuminarono della nostra energia ed iniziammo la vera battaglia. Mentre io abbattevo i nemici dell’esercito di Wei con colpi rapidi e precisi, Guan Yu sfruttava appieno le caratteristiche della sua pesante alabarda. La faceva volteggiare, colpiva in volo, affondava, abbatteva nemici con il micidiale pomolo. Era un susseguirsi di tecniche di lotta che solo impugnando un’arma simile si potevano praticare. In quel momento, mentre lo osservavo con la coda dell’occhio, mentre mi difendevo da un massiccio assalto di molti uomini, compresi il fine ultimo del Maestro Long. Mi aveva detto di unirmi al Dio della Guerra non solo per misurarmi con lui, ma anche per vederlo combattere e capire a fondo i segreti dell’unione arma-guerriero.
Eravamo rimasti in pochi. Ero stato ferito diverse volte ma anche chi vide i miei tagli rimarginarsi ci badò poco e continuò a lottare. Eravamo stremati e speravamo, infine, che il colpo di grazia sarebbe arrivato presto. Guan Ping, il figlio di Yu, era caduto tra i primi, trafitto da quattro lame nemiche contemporaneamente. Suo padre lo vide cadere nel fango e subito iniziò a combattere con ancora più ferocia. Oramai era la fine. Dagli arcieri nascosti nelle colline, una seconda pioggia di frecce finì lo sporco lavoro e fummo tutti trafitti a morte.

-Anche tu?-
-Si. Anch’io e non è una cosa bella ricevere nella carne decine di frecce.-
-Ma eri immortale!-
-Il dolore lo sentivo benissimo-, le rispondo acido.

Non era usanza degli eserciti Kinn depredare i cadaveri dei nemici uccisi, ma li lasciavano a marcire all’aperto, come monito per chi avesse voluto sfidare il signore della guerra vittorioso. Fu una fortuna per me. Strinsi i denti per il dolore e attesi. Quando fui sicuro di essere solo, mi strappai tutte le frecce di dosso e mi rialzai. Le ferite si rimarginavano in fretta, lasciando solo un fastidioso indolenzimento. Guardai il corpo di Guan Yu nel fango e mi inchinai in segno di rispetto.
-Ti rendo onore, Dio della Guerra. Meritavi sicuramente di morire in gloria e non nel fango.-
Raccolsi Uragano e il Drago Celeste e mi allontanai da quel triste campo di battaglia. Avevo fatto pochi passi quando qualcosa mi attanagliò lo stomaco. Era la familiare sensazione che mi diceva di andarmene e la rabbia montò dentro di me. Possibile che il segnale che il mio compito era assolto in un determinato luogo comportava quasi sempre la morte di un amico?

-Cosa ne facesti dell’arma di Guan Yu?- mi chiede mia nipote mentre controlla lo spazio ancora disponibile sul registratore digitale.
-La portai al Maestro Long Dao. Si rattristò molto alla notizia che il suo migliore allievo era morto.-
-E gli altri Generali della Tigre?-
-Rhenz Hong e Ma Chao non trovarono nessuno da combattere quando giunsero alle destinazioni assegnate loro, mentre Zhao Yun s’impegnò in una scaramuccia con un piccolo battaglione esca, mandatogli incontro per tenerlo occupato. Solo Zhang Fei incontrò una vera resistenza, visto che il suo obiettivo era l’unico veramente da riconquistare. I Giganti combatterono come… giganti e ripresero possesso di una piccola fortezza che fungeva da avamposto per l’esercito. Fei impazzì di dolore quando scoprì che Guan Yu era morto. Prese a bere più del solito, a maltrattare i suoi stessi uomini, ad ammutinarsi al suo signore. Una notte, nel sonno, i soldati che lui stesso aveva addestrato, forse istigati da Liu Bei in persona, gli tagliarono la gola.-
-E’ una triste storia questa, nonno.-
-Lo è davvero. Gli eserciti di Wei e Wu, coalizzati, non ci misero molto ad annientare ciò che rimaneva dell’armata di Liu Bei. Si dice che egli stesso sia morto di malattia mentre fuggiva.-
-Hai parlato del segreto del legame tra il Drago Celeste e Guan Yu.-
-Un’altra volta, Cristina. Neppure io ci pensai molto mentre mi trovavo ancora li. Rimbombavano nella mia mente le parole dell’ultimo insegnamento del Dio della Guerra. Un guerriero è sempre fedele al signore che ha deciso di servire. Facevo davvero fatica ad accettarlo, ma la sua morte lo aveva impresso dentro di me come un marchio di fuoco.-